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Sono un vero zolese perchè ...

[S] Imperversano in questo periodo su Facebook gruppi "Sei un vero Pincopallo se...", dove ognuno rivendica con uno o più ricordi e aneddoti l'appartenenza al proprio paese/città di origine.
Sorrido perchè se ne leggono di "ogni", addirittura discussioni su chi ha scritto per primo una cosa. Non ho mai commentato e non so se lo farò perchè in questo momento ho un rapporto di amore-odio col paese nel quale vivo da quando sono nato: Zola Predosa, provincia di Bologna.
Innanzitutto c'è una precisazione geografica da fare:  Zola è quella zona compresa tra il ponte sul fiume Lavino e la "baracca" delle tigelle di Torri, le restanti sono frazioni. Lavino, Riale, Ponte Ronca, Gessi, Madonna Prati, San Pancrazio.
I Zolesi veri, mi spiace dirlo, sono pochi e fra questi (senso di appartenenza), c'è la famiglia di mia mamma.
Mio papà no, lui è originario di Castel Maggiore e si è trasferito qui nel lontano 1960 quando mia nonna vinse la cattedra (si dice così), come ostetrica. E andando nella trattoria dei miei nonni conobbe mia mamma. Perchè aveva la trattoria, sotto al portico, nella casa di famiglia: Marsigli ®.
Mia nonna era l'ostetrica di Zola,  "la Serra" (®) come la chiamavano tutti. Più di 3000 parti, sempre di corsa tra Zola e la maternità dove accompagnava personalmente le donne a partorire.
Davanti alla scuola dei "G", all'esterno, c'è una casetta con due scalette e lì c'era il suo ambulatorio. Tutti i giorni quando porto i bimbi a scuola guardo quelle scale e penso a lei e al lavoro fantastico che ha fatto in paese, è ancora ricordata da molti (zolesi), era veramente un'istituzione !
A scuola io andavo dalle suore, alla BVL (all'epoca la si chiamava per esteso "labeataverginedilourdes").
Allora sì che era una scuola seria... istruzione severa, rigida, suore incazzate (ossimoro), tutti col grembiule (benedetto grembiule), e guai a fare casino, c'erano gli appuntamenti fissi, la gita, il saggio e il Cof di fine anno che le maestre andavano a prendere al Bar del Prete.
Gli amici di allora sono Zolesi con la Zeta maiuscola. Juri, la Laura, la Silvietta (con lei c'è un legame di sangue, non ci si vede mai ma è come se fossimo gemelli, la sua famiglia e quella di mia mamma sono legate in modo inscindibile), Gabriele, Pello, Lorenzo V., Lorenzo B., Lorenzo C. (eravamo la classe dei Lorenzi), Stefania, Melissa, Arianna, Silvia, Francesca, Alessandra, Luca e Jessica, Samy (origine arabe ma Zolese DOC), Elisa, Alessia e Davide che si trasferì a Monteveglio ma col quale ci ritrovammo poi alle superiori.
Andavamo a scuola da soli a piedi, c'era la linea ferroviaria non delimitata da una gabbione metallico come adesso, di tanto in tanto passava il treno merci, c'era la sirena di Maccaferri che suonava a mezzogiorno. Era collocata all'interno della fabbrica del paese dove ora hanno costruito il "Compartimento C4" complesso ghetto-residenziale compresso tra una ferrovia suburbana ed un asse attrezzato. Andavamo a pescare al laghetto della Bardona che ora è stato prosciugato, in bicicletta si cercavano i garage sotterranei per fare le sgommate. In mezzo al paese c'era il cinema Guazzaloca, un cinema multifilm rigorosamente porno (la parola hard non esisteva ancora), il giornale si prendeva all'edicola di Breina, le scarpe si compravano da Specc, mentre per comprare l'attrezzatura da sci si prendeva la macchina come per fare un viaggio lunghissimo e si andava a Riale da Masetti Sport. Gli sci invece li sciolinava il Centro Riparazioni Sci e Tennis da Agostino (l'attuale Cras Dal Bimbo). Il gelato andavamo a prenderlo sotto al portico del Lavino dall'Elena e via con altri mille aneddoti...
Ma ognuno di noi ne avrà mille ed è una gara senza vincitori né vinti.
Personalmente guardo a quella Zola con un sorriso malinconico, era un paesone dove bene o male ci conosceva tutti, dove noi bambini potevamo andare in giro tranquilli e al massimo prendevamo due scapaccioni da quelli più grandi.
Ora invece no, ora è tutto schifosamente cambiato.
Personalmente non mi fiderei a mandare in giro i miei figli così come facevamo noi trentanni fa, sono troppi i furgoni e le macchine con targhe "pericolose", c'è troppa feccia in giro per le strade e quello che una volta era un posto carino, tranquillo ai piedi delle colline ora non è altro che il dormitorio di Bologna.
Un paese che non ha né capo né coda, mal gestito dalle passate amministrazioni che hanno consentito abusi edilizi senza senza logica, case costruite ovunque senza criterio estetico, tutte diverse, tutte mostruosamente orrende.
"Opere d'arte" nelle rotonde, tipo il mirino per fucile alla Viro, un "pene e una bottiglia" per non parlare dell'edificio del comune stesso, opera faraonica ridicola.
E allora ecco che le persone, gli amici e i parenti che sono rimasti sono l'unico legame con quella Zola che fu, insieme a quelli che riposano al cimitero la cui fotografia ti riporta a quei bellissimi, indimenticabili giorni.

Stefano

Signor Abate, Biccio, ferrovia, laghetto della Bardona, Renzo Lolli, stracceria, Zio Mario, Nonna Amedea, negozio di alimentari della mamma, la Macelleria Matteuzzi, Minarelli il barbiere, la domenica in Albis, i funerali con la processione, le fucilate la sera di Santa Barbara, la Fonderpress Maccaferri e la GMG in centro a Zola, il campo da calcio davanti a casa senza la rete, "su da Marchi", la cavanella scoperta sino alla BVL, il CGC e il Bar del Prete coi videogame, la Festa dello Sport col gioco del tappo, i pulcini, l'Anna di Comastri per togliere il fuoco sacro, la dada Teresina, il Dott. Marchi, la porcilaia dietro la Chiesa, le bobbate dalla Chiesa fin giù al bar (non c'era la via che passava sopra il campo da calcio), il Tango, le patatine con dentro le Super Car Gattiger prese dalla Lattaia, Falele e il Malaguti Grizzly in vetrina... 



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